20 anni fa il disastro del Columbia

Sono passati 20 anni dal tragico incidente dello Space Shuttle Columbia che è costato la vita ai sette membri dell’equipaggio.

Era il primo lancio del 2003 e vedeva coinvolto il Columbia, la prima navetta della NASA. La missione STS-107 era anche la prima, dopo alcuni anni, che non prevedeva l’aggancio con la Stazione Spaziale Internazionale ma era destinata a un volo solitario di 16 giorni.
Annunciata nel 1998, la missione aveva subito numerosi rinvii. Nel 2000, era stato nominato l’equipaggio composto da Michael Anderson, David Brown, Kalpana Chawla, Laurel Clark e Ilan Ramon, dell’Agenzia spaziale israeliana, a cui si erano aggiunti il comandante Rick Husband e il pilota William McCool. Il lancio era previsto per il 2001 ma i problemi nella preparazione del Columbia, la necessità di accelerare la manutenzione del telescopio spaziale Hubble e i voli di assemblaggio della ISS lo fecero slittare al 2003.

Lancio del Columbia il 16 gennaio 2003 dal Kennedy Space Center

Lo Space Shuttle Columbia iniziò la sua 28° missione con uno spettacolare decollo alle 10:39 del 16 gennaio. L’equipaggio si divise subito in due squadre: Husband, Chawla, Clark e Ramon formavano la squadra rossa mentre McCool, Anderson e Brown erano parte di quella blu. Per tutta la durata della missione, le due squadre lavorarono sfasati di 12 ore in modo di assicurare un’attività di ricerca senza soluzione di continuità e ottenendo risultati scientifici ben oltre le previsioni.

David Brown e Laurel Clark nel modulo Spacehab a bordo del Columbia

Mentre il volo procedeva senza intoppi, gli ingegneri del Controllo Missione che analizzavano le immagini del lancio, notarono un pezzo di schiuma isolante del serbatoio esterno che colpiva l’ala sinistra del Columbia dopo 82 secondi dall’inizio del volo. L’equipaggio fu immediatamente informato e rassicurato che non c’era da preoccuparsi poiché il fenomeno si era verificato in precedenti missioni senza causare danni al veicolo. L’evento fu archiviato senza un’analisi più approfondita dell’area interessata.
Il 1° febbraio, gli astronauti si preparano al rientro con l’accensione dei motori orbitali e la successiva manovra di frenata sopra l’Oceano Indiano. Il Columbia si predispose con il muso inclinato verso l’alto di 40 gradi per utilizzare al meglio le piastrelle nere dello scudo termico e affrontare il tremendo calore che si genera al momento dell’ingresso nell’atmosfera terrestre. Mentre la navetta sorvolava il Texas, a un’altitudine di 60 km e a soli 16 minuti dall’atterraggio in Florida, il Controllo Missione perse il contatto con il Columbia e il suo equipaggio.
Dopo oltre dieci minuti senza comunicazioni radio e con i radar della Florida che non mostravano traccia della navetta, il Centro di Controllo di Houston attivò le procedure di emergenza. Ormai era chiaro che il Columbia era andato distrutto e gli astronauti non potevano essere sopravvissuti.

Per me, che avevo volato a bordo del Columbia nella mia prima esperienza nello spazio e che avevo frequentato tutti gli sfortunati membri dell’equipaggio, quella tragedia è stata particolarmente dolorosa. Ho pensato alla sensazione di impotenza che devono aver provato di fronte ai molteplici allarmi che si erano accesi nella cabina senza che ci fosse una causa apparente.

C’è voluto il lavoro di un’apposita commissione di indagine per capire la dinamica del terribile incidente. Il rapporto finale, pubblicato sei mesi dopo la tragedia, stabilì che la causa scatenante era iniziata proprio 82 secondi dopo il lancio, come mostrato dall’analisi fotografica. La schiuma aveva colpito i pannelli di carbonio (RCC) della parte frontale dell’ala sinistra. Mentre era in orbita, né l’equipaggio né i controllori a terra avevano avuto indicazioni dei danni subiti, che erano emersi solo quando il veicolo aveva iniziato la fase di rientro. Sottoposta all’estremo riscaldamento atmosferico, la sezione danneggiata aveva causato la deformazione del profilo alare che aveva portato alla perdita di controllo e alla conseguente esplosione del Columbia.

Placca in ricordo dell’equipaggio del Columbia

Un incidente terribile, che ci ricorda i molti rischi dell’esplorazione spaziale ma anche il grande coraggio degli uomini e delle donne disposti a sfidarne le insidie, una memoria che si estende ben oltre la Terra. Sette crateri lunari e altrettante colline di Marte hanno preso il nome dei membri dell’equipaggio e il loro ricordo rimarrà per sempre legato a sette asteroidi che continueranno a viaggiare nello spazio: 51823 Rickhusband, 51824 Mikeanderson, 51825 Davidbrown, 51826 Kalpanachawla, 51827 Laurelclark, 51828 Ilanramon e 51829 Williemccool
La tragedia del Columbia ha portato alla fine dei voli degli Space Shuttle ma non ha fermato l’esplorazione umana. Le future missioni Artemis riporteranno gli astronauti sulla Luna e credo che le prossime imprese siano il modo migliore per onorare la memoria dei sette coraggiosi esploratori del cosmo.

Articolo pubblicato nella sezione Post di HUFFPOST (31 gennaio 2023)

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