La Crew Dragon pronta allo storico lancio

Salvo imprevisti, il 27 maggio assisteremo alla ripresa dei voli con equipaggio dal Kennedy Space Center (KSC). L’ultima missione a partire dalla storica base di lancio in Florida è stata quella dello Space Shuttle Atlantis, quasi un decennio fa. Dal luglio 2011, sono 38 gli astronauti americani che hanno utilizzato le capsule Soyuz e la NASA ha dovuto pagare complessivamente più di 3 miliardi di dollari all’agenzia spaziale russa Roscosmos per garantire ai suoi equipaggi l’accesso alla ISS.

Questa missione sarà davvero una pietra miliare per la NASA, che ha avuto più problemi del previsto a lasciarsi alle spalle l’era gloriosa delle navette riutilizzabili. Dopo il loro pensionamento, l’ente statunitense si è rivolta all’industria privata e due compagnie, SpaceX e Boeing, sono state scelte per sviluppare una nuova generazione di veicoli spaziali con lo scopo di trasportare gli astronauti a stelle e strisce da e per la stazione orbitante. Dal 2014, diversi ritardi si sono accavallati e i voli di collaudo dei nuovi veicoli, originariamente previsti per la fine del 2016, hanno cominciato a slittare anno dopo anno.

Boeing ha puntato a realizzare la capsula Starliner, che ha subito un’ulteriore battuta d’arresto a dicembre dell’anno scorso, durante il volo di collaudo senza equipaggio, quando un problema al software di bordo ha impedito alla capsula di raggiungere la base spaziale.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

La capsula Crew Dragon con i pannelli solari (Credito: SpaceX)

SpaceX ha realizzato la Crew Dragon che, invece, ha condotto a termine il volo di collaudo nel marzo 2019, attraccando alla ISS e rimanendo in orbita per poco meno di una settimana, prima di ammarare nell’Oceano Atlantico. Anche in questo caso, si è trattato di un volo senza equipaggio, a parte un manichino che indossava sofisticati sensori per rilevare le sollecitazioni delle diverse fasi della missione. Il successo del test in orbita ha definitivamente determinato il sorpasso della SpaceX, che si appresta a diventare la prima compagnia privata a inviare esseri umani nello spazio.

Gli astronauti della NASA Bob Behnken (a sinistra) e Doug Hurley (Credito: SpaceX)

Saranno gli astronauti Robert Behnken e Douglas Hurley ad effettuare questo importante volo, denominato Demo-2 (Demo-1 era quello senza equipaggio). Decolleranno alle 16:32 (22:32 ora italiana) dalla storica piattaforma di lancio 39A, la stessa usata per le missioni Apollo e per i voli dello Space Shuttle. I due astronauti si sono allenati per anni per questa missione e hanno anche dovuto affrontare una quarantena speciale a causa della pandemia globale di coronavirus.

Dopo il decollo, ci vorranno circa 24 ore per attraccare alla Stazione Spaziale Internazionale. La durata del loro soggiorno a bordo non è stata ancora determinata; potrebbero rimanere un mese oppure, secondo le ultime indiscrezioni, dare una mano all’equipaggio ridotto della ISS per i prossimi tre mesi.
A parte il lavoro di supporto alle attività di bordo, i due astronauti hanno un compito meno importante dal punto di vista operativo ma di alto valore simbolico. Poco dopo il loro arrivo, Bob Behnken e Doug Hurley reclameranno una piccola bandiera americana come simbolo del loro successo.

La bandiera americana cha ha volato sulla prima (STS-1) e sull'ultima missione (STS-135) dello Space Shuttle si trova ora sulla ISS, in attesa dell'arrivo del primo equipaggio americano lanciato dal Kennedy Space Center (KSC). La piccola bandiera era scomparsa, per un certo periodo, durante i nove anni a bordo del laboratorio orbitale. (Credito: NASA)

Lo stendardo a stelle e strisce, che ha viaggiato sul volo inaugurale dello Space Shuttle ed è stato portato a bordo del laboratorio orbitale dall’equipaggio dell’ultima missione, sarà il meritato premio per la SpaceX, diventata la prima compagnia statunitense a lanciare astronauti americani a bordo di un razzo “made in USA”.
Il pilota della missione STS-135, che la portò sulla ISS, è lo stesso Doug Hurley che la riporterà sulla Terra. Una bella trovata mediatica che, però, ha rischiato di fallire miseramente in quanto, per certo tempo, si era persa ogni traccia della bandiera in questione, sparita tra le scatole dei rifornimenti che si sono succedute in questi anni e recentemente ritrovata, grazie alle indicazioni di uno degli astronauti che l’aveva messa da parte.
Superato il piccolo contrattempo, una metafora delle difficoltà della NASA a riprendere il cammino interrotto con lo Space Shuttle, la piccola bandiera si avvia a diventare il simbolo del prossimo capitolo del volo umano nello spazio: con il nuovo veicolo della SpaceX, la NASA è “back in business”.

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